Libro libero... ma non troppo (2)

Il problema del diritto d'autore.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 28-11-2001]

L'editoria elettronica comincia, ovviamente, con il volontariato. Chi scrive vi può assicurare che non esiste nessun motivo apparentemente valido per trasporre un'opera letteraria (perché è con i testi letterari che la "storia" è cominciata, ed è con la letteratura che la fortuna del libro elettronico sta andando avanti per la sua strada, checché se ne dica) in caratteri digitali, sia che l'operazione venga fatta manualmente (cioè copiando un testo) sia che l'operazione venga fatta mediante uno scanner e un OCR, per scalcinati che siano. Si tratta di una operazione lunga, costosa, che richiede attenzione, tempo, sacrificio e che non paga. Purtroppo la legge sul diritto d'autore non prevede ancora il riconoscimento della figura di chi copia, trasponendolo, un testo in un formato digitale. Lo dico con una punta di ironia, perché personalmente sono convinto che sia giusto così, e perché ritengo che il volontariato debba essere dono gratuito di un momento della propria attività e del proprio tempo a beneficio della collettività. Naturalmente è anche possibile decidere di non dedicarsi affatto al volontariato, se si crede opportuno percorrere un'altra strada. L'importante è che le cose siano chiare.

Quando in Italia sono cominciate a fiorire le prime iniziative di biblioteche elettroniche gratuite, negli Stati Uniti iniziative come il Gutemberg Project potevano contare su una disponibilità di titoli numericamente molto consistente. Questo gap tra Italia e resto del mondo in tema di editoria elettronica è rimasto invariato e il nostro paese, lungi dal comare il divario esistente tra ciò che è disponibile in formato digitale e ciò che rimane ancora sugli scaffali impolverati delle biblioteche senza raggiungere la grande massa degli utenti, si sta adeguando pericolosamente a una politica di chiusura che certamente non giova a nessuno.

E' chiaro che il libro elettronico gratuito deve fare i conti con il problema del diritto d'autore. Questo ci porta ad avere a disposizione testi vecchi di almeno settant'anni, o traduzioni ormai inservibili, inserite all'interno di edizioni in HTML magari molto ben curate dal punto di vista estetico, ma non utilizzabili per quello che è lo scopo primario di un testo, la sua lettura e la sua consultazione. Il libro, anche quello elettronico, è un oggetto che va rispettato, e, come affermava Umberto Eco, "i libri si rispettano usandoli".

Personalmente sono molto contento di poter disporre in Italia del Don Chisciotte di Cervantes con le tavole di Gustavo Doré, ma la contentezza si stempera in una inevitabile delusione nel momento in cui scopro che la traduzione offerta non solo è pessima, ma è addirittura poco consona all'orecchio del destinatario finale dell'iniziativa, il lettore. Questo non solo perché sono un professore di lingua e letteratura spagnola e l'argomento Cervantes mi tocca da vicino (questi sono i miei strumenti di lavoro), ma anche e soprattutto perché certo pressappochismo nella scelta dei testi viene spesso giustificato dal fatto che col volontariato non si possono avere pretese, e, quindi, o si mangia questa minestra o si salta dalla finestra. E il risultato è che in rete circolano edizioni elettroniche della Commedia di Dante fatte passare per edizioni critiche, quando non c'è neanche una nota di commento o di introduzione, o versioni della Costituzione della Repubblica Italiana che non vengono aggiornate alle ultime disposizioni.

Il mio pessimismo mi porta a concludere che questi atteggiamenti non fanno bene né al libro elettronico italiano, né alla diffusione della nostra letteratura in Internet ma, contemporaneamente, il mio ottimismo mi porta a dire che un libro elettronico, per cattivo che sia, è sempre meglio di niente.

Per cui, tornando all'esempio della Costituzione, se io ho a disposizione un file ASCII del testo, posso scegliere di aggiornarlo per conto mio, fare una collazione (per dirla con la filologia) con il testo più recente, cambiarne la formattazione importandolo in un word processor, evidenziare certi passaggi che mi interessano e quant'altro.

Naturalmente posso decidere di mettere a disposizione il mio lavoro a favore della collettività, oppure posso scegliere di essere egoista (non c'è nulla di male a essere egoisti) e di tenere il risultato del mio lavoro per me, perché, comunque, si tratta di tempo che ci ho perso e decido io se mettere a disposizione il mio tempo. Credo che ambedue le posizioni siano ugualmente rispettabili, non si lavora sempre gratis, anche perché così facendo, difficilmente si mangia. Certo, la nostra notorietà sarà notevolmente accresciuta, qualcuno magari ci sarà perfino grato per il lavoro svolto, ma il nostro stomaco sarà inevitabilmente vuoto. Con la pancia piena, invece, si può pensare anche a fare qualcosa per chi la pancia piena non ce l'ha. Sono scelte individuali. In Internet la gente si sta azzuffando da anni per decidere se sia meglio lavorare per la gloria e gratis o per la gloria e facendosi pagare. Se si riuscisse a capire che si tratta di scelte personali e inalienabili, forse la gente la smetterebbe di scannarsi.

Questo articolo CONTINUA...

1 - La biblioteca digitale
2 - Il problema del diritto d'autore
3 - Il libro elettronico è sempre più chiuso

Valerio Di Stefano

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