Tempi lunghi per il processo a Dmitry Sklyarov, il cittadino russo accusato dal Dipartimento di Giustizia U.S.A. di avere violato a Mosca una legge statunitense.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 28-11-2001]
La storia risale alla scorsa estate: Dmitry, cittadino russo, programmatore ed esperto di crittografia, scrive a Mosca un programma in grado di decrittare gli e-book di Adobe. Recatosi negli U.S.A. per partecipare in Las Vegas ad un incontro di hackers dedicato ai sistemi di crittografia, viene arrestato con l'accusa di avere violato il DMCA, l'assurda legge statunitense sul copyright. Grazie al forte movimento di opinione in suo sostegno scatenato dalla vicenda, la Adobe ritira la denuncia nei suoi confronti e Dmitry è rilasciato dietro cauzione. Rimane per lui l'obbligo di non lasciare la California, dove, in attesa del processo, è tuttora ospite di un conoscente.
In più occasioni abbiamo sottolineato l'infondatezza dell'accusa: proprio perché nessuno Stato può pretendere che le proprie leggi valgano al di fuori dei propri confini, Sklyarov non può essere posto sotto accusa (di fatto, non ha commesso alcun reato) e deve essergli restituita la libertà.
Invece, la sua odissea continua. Lunedì 26 si è tenuta l'ennesima udienza preliminare al processo (ricordiamo che Dmitry ha rifiutato il patteggiamento, dichiarandosi innocente). Il tutto si è risolto in un ulteriore rinvio, peraltro atteso.
Tra la metà di gennaio 2002 e il primo aprile si terranno, per ciascun capo di imputazione, una udienza difensiva, una accusatoria, una nella quale Dmitry potrà rispondere alle accuse ed una conclusiva.
Se il caso non verrà chiuso a seguito delle argomentazioni addotte dalla difesa (in particolare i palesi problemi di giurisdizione, nonché le eccezioni di incostituzionalità relative al Primo Emendamento), il 15 aprile si terrà l'udienza che dovrà stabilire la data di inizio del processo (probabilmente in giugno).
E' nostra speranza che Sklyarov, il quale compirà 27 anni tra breve, venga rapidamente prosciolto dalle assurde accuse che lo rendono succube di una "giustizia" collusivamente modellata a misura dei potenti.
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