Open source e freeware

Si discute se sia meglio utilizzare, a livello di Pubblica Amministrazione, programmi freeware (cosiddetto software libero) in alternativa ai classici commerciali, quali, ad esempio, quelli prodotti da Microsoft. Valutiamone i pro e i contro.



[ZEUS News - www.zeusnews.it - 27-12-2001]

Oltre ai costi elevati che siamo costretti a sostenere per l'acquisto di programmi commerciali, vi sono una serie di considerazioni che non possono essere sottovalutate.

E' palese che le case produttrici di softwares coperti totalmente da copyright fanno sì che non vi sia una vera e propria concorrenza di prodotto, falsando il mercato e non consentendo una vera e realistica innovazione delle tecnologie impiegate.

Il risultato è che i prodotti più recenti vengono modificati - rispetto a quelli precedenti - solo in alcuni aspetti tecnologicamente del tutto trascurabili, fermo restando che i nuovi standards sono spesso incompatibili con quelli venduti in precedenza dalla stessa casa produttrice.

Il rischio maggiore per gli utenti è che, poiché il codice sorgente di tali prodotti è sempre e solo noto all’autore del programma commerciale, possano venire inviati tramite Internet alcuni dati riservati provenienti dal computer su cui sono istallati, all’insaputa dell’acquirente.

Senza sottovalutare l'illiceità perpetrata nei confronti del diritto alla privacy di ogni singolo cittadino, basta pensare ai risvolti inerenti alcune delicate infrastrutture comunicative ed informatiche dello Stato, quali la sanità, la sicurezza interna o l'istruzione. Potenzialmente, potrebbe venire a crearsi una situazione di totale controllo sulla globalità della comunità virtuale da parte di pochissime majors di settore.

La situazione si presenta alquanto differente per ciò che concerne i programmi freeware. Il public domain è gratuitamente utilizzabile da chiunque ed il codice sorgente relativo è a completa disposizione dell'utente. Resta invece all'autore del freeware il diritto di paternità sull'opera. Questo si sostanzia in alcuni diritti morali ed economici: fra questi ultimi - nel caso di freewares - l'autore concede all'utente il diritto di riprodurre ulteriormente un numero illimitato di copie, purché si tratti di una distribuzione gratuita.

Questa concessione preventiva all'utilizzo del programma non contrasta con la normativa in tema di diritto d'autore, in quanto colui che crea l'opera è libero di cedere alcuni dei diritti previsti a sua tutela. Sempre nell'ambito del public domain, potrebbe sorgere un inconveniente fra programmi incompatibili, non permettendo un immediato riscontro sotto il profilo dell'interscambio di dati. Questo problema potrebbe essere superato solo consentendo una reale concorrenza di settore, peraltro non ancora attuata.

Anche se l'aspetto prettamente economico non è forse l'unico determinante, vi è da considerare peraltro che il denaro ora utilizzato per l'acquisto di costosi softwares potrebbe, in un prossimo futuro, venire impiegato per la formazione del personale addetto all’assistenza e, in ambito meno specifico, nella maggiore alfabetizzazione informatica di giovani e anziani o nel potenziamento delle strutture informatiche pubbliche.

In questa scia, si stanno muovendo Paesi come la Francia e la Cina. In Italia, abbiamo l'esempio del Comune di Firenze, presso il quale è stata proposta ed approvata una mozione a favore della graduale sostituzione dei programmi commerciali con quelli open source. C'è da dire che esiste già un marchio registrato Open Source che può essere applicato su tutti i prodotti conformi alla "Open Source Definition".

Per ulteriori informazioni, ecco il sito di riferimento.

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