Il fenomeno è sottovaluto ma in crescita. Per prevenirlo occorre combattere la disinformazione.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 19-01-2011]
Partendo dall'esperienza acquisita nei paesi anglosassoni, dove il furto d'identità è oggi massicciamente presente, CPP Italia ha deciso di condurre un'indagine su questo argomento anche nel nostro Paese, dove il problema pare purtroppo destinato ad allargarsi.
La ricerca, intitolata >Il Furto di identità: immagine, atteggiamenti e attese dei consumatori italiani e materialmente svolta dall'UNICRI (l'agenzia dell'ONU per la prevenzione del crimine), è stata condotta intervistando telefonicamente 800 persone, su cui è stata elaborata la successiva statistica
Il 25,9% degli intervistati - che corrisponde a quasi 8 milioni di italiani - è stato esposto a una potenziale frode di identità nel corso dell'ultimo anno. Il dato è stato calcolato includendo la clonazione della carta credito, del bancomat o del telefono cellulare, gli addebiti per prodotti e servizi non richiesti, anche via Internet, e le adesioni inconsapevoli a contratti via Internet o telefono.
Gli italiani dai 25 a 60 anni evidenziano però comportamenti e atteggiamenti contraddittori. Nonostante l'elevata percentuale di potenziale esposizione a frode di identità e sebbene l'80% si dichiari preoccupato dal fenomeno, pochi appaiono i comportamenti e le tecniche difensive adottate per contrastare tali timori.
Alla base di queste contraddizioni c'è una confusione sulla definizione e precisa identificazione del concetto di furto di identità: l'associazione maggiormente effettuata appare essere quella "cinematografica" - la sostituzione di persona - e solo secondariamente di potenziale frode economica.
Inoltre molti, qualora rimanessero vittime di un furto d'identità, non saprebbero come correre ai ripari: il 19,3% degli intervistati non avrebbe certezze su chi contattare per concreti ed efficaci aiuti.
Le contraddizioni non si fermano ai comportamenti ma si estendono anche all'atteggiamento nei confronti di Internet: da una parte viene considerato un "luogo" pericoloso, dal quale tutelarsi con appropriate difese (che in realtà sono però blande e si basano soprattutto sulla fiducia nel proprio antivirus), dall'altra è il "luogo" preferito dove effettuare operazioni potenzialmente rischiose, quali rilasciare proprie informazioni personali, eseguire transazioni economico-finanziarie e scambiare informazioni "personali" con amici.
Il problema alla base è la mancanza di informazione, sia come quantità che come qualità di dati circa la questione del furto di identità.
Meno del 4% degli intervistati si dichiara infatti "molto informato" dai media su questo fenomeno.
Le conseguenze di tutto ciò non sono soltanto personali ma si ripercuotono sull'economia. Nel momento in cui si perde la fiducia nella sicurezza dei mezzi utilizzati per le transazioni - spiega Walter Bruschi, di CPP - si riduce anche l'utilizzo delle carte di credito; questa sfiducia "viene poi trasmessa alla propria comunità di riferimento anche grazie agli strumenti Web 2.0 che favoriscono la condivisione di informazioni, quali social network e chat, e ciò determina un danno a catena per tutto il sistema economico".
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