La protezione dei minori è il cavallo di Troia per limitare la libertà d'espressione.
[ZEUS News - www.zeusnews.it - 12-08-2016]
È inutile: periodicamente ci ritentano, da destra e da sinistra, tutte le forze politiche, questa volta con l'unica eccezione dei deputati del Movimento 5 Stelle.
L'occasione per riprovare a imbavagliare Internet è il disegno di legge in discussione alla Camera (attualmente in pausa per le ferie: riprenderà il 12 settembre) che dovrebbe riguardare soltanto il fenomeno della prevenzione e della repressione del cyberbullismo su minori, bambini e adolescenti.
Nonostante la portata relativamente limitata della proposta, la discussione si sta allargando fino a diventare l'occasione per introdurre nuove norme che limitino pesantemente la libertà di opinione e di espressione nel Web.
Lo scorso 27 luglio il Senato aveva approvato una norma per la tutela dei minori in Internet. Tale testo è però già stato completamente stravolto.
Tra i vari emendamenti approvati spicca in particolare questo (entrato a far parte dell'articolo 2bis): «Ai fini della presente legge, con il termine "cyberbullismo" si intende qualunque comportamento o atto, anche non reiterato, rientrante fra quelli indicati al comma 2 e perpetrato attraverso l'utilizzo della rete telefonica, della rete Internet, della messaggistica istantanea, di social network o altre piattaforme telematiche».
«Per cyberbullismo si intendono, inoltre, la realizzazione, la pubblicazione e la diffusione online attraverso la rete Internet, chat-room, blog o forum, di immagini, registrazioni audio o video o altri contenuti multimediali effettuate allo scopo di offendere l'onore, il decoro e la reputazione di una o più vittime, nonché il furto di identità e la sostituzione di persona operate mediante mezzi informatici e rete telematica al fine di acquisire e manipolare dati personali, nonché pubblicare informazioni lesive dell'onore, del decoro e della reputazione della vittima».
Dove sta il problema? Nel fatto che sono spariti i riferimenti ai minori, che permettevano di delimitare l'ambito di applicazione della norma.
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In base alla nuova e attuale stesura qualsiasi attività, anche isolata (e quindi effettuata anche una sola volta) e compiuta nel web da cittadini di qualunque età, dà la possibilità a chiunque di ordinare la cancellazione di un contenuto. Ciò inoltre avviene non tramite l'intervento di un magistrato ma attraverso quello del Garante della privacy, autorità indipendente ma di nomina politica, e dunque strettamente legata alla maggioranza politica di quel momento.
Le pene stabilite dalla legge in discussione, oltre alla rimozione e all'oscuramento dei contenuti, prevedono addirittura una pena detentiva fino a sei anni.
In pratica chiunque operi qualche attività di critica sui social network, attraverso blog o testate telematiche può incorrere nella rimozione del contenuto (sia esso un articolo, un messaggio, una foto e via di seguito) e rischia anche di veder bloccato il sito sul quale il contenuto è apparso.
A tutto ciò si aggiungono anche delle sanzioni penali pesanti proprio nel momento in cui si vuole depenalizzare il reato di diffamazione a mezzo stampa.
Il periodo ormai vacanziero impedisce una reale mobilitazione della Rete contro il provvedimento, ancora in iter legislativo e quindi suscettibile di tutte le modifiche possibili e auspicabili; speriamo che tale mobilitazione si verifichi al momento in cui a settembre riprenderà la discussione alla Camera.
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